Da un capo all’altro – una guida turistica nascosta in un romanzo. Intervista a Federica Marchesini a Cape Town

Abbiamo intervistato Federica Marchesini

1 ) Innanzitutto ti chiederei  una tua breve presentazione : da dove vieni e cosa fai di professione a Cape Town?

Mi chiamo Federica Marchesini, sono di Verona e abito qui a Città del Capo da 15 anni.

Ho aperto una scuola di lingue nel 2007 che si chiama LINGO SCHOOL ( www.lingo-sa.com)  dove insegno italiano, inglese e francese,  qui in loco e via Skype per il resto del mondo.

Organizzo anche eventi culturali e sociali per la comunità italiana di qui,  per far conoscere l’Italia ai sudafricani e per integrare gli italiani “nuovi”.

Scrivo anche ma non ancora per professione.

2 ) Come e quando è nata l’idea di scrivere un libro?

Ho sempre amato scrivere in tutta la mia vita: biglietti d’auguri, dichiarazioni d’amore, scuse e spiegazioni, lettere, racconti di viaggio e poesie.

Questo mio romanzo è nato dal desiderio di mettere per iscritto le mie riflessioni sulla vita qui in Sudafrica e sui ricordi che ho dell’Italia, sull’uso delle lingue, sull’amore, sul sesso, sulla famiglia e sul compromesso tra culture.

Ho voluto raccontare una storia in modo umoristico ma informativo allo stesso tempo.

3 ) il libro non è autobiografico, giusto? o lo è in parte?

Questa è la domanda classica che mi fanno tutti.  Atena Monti, la protagonista del mio romanzo è molto simile a me ma non sono io, in tutto e per tutto. Purtroppo i lettori vogliono che io sia Atena e mi mandano messaggi da diverse parti del mondo per sapere se ho conosciuto uomini così bizzarri in vita mia, come quello con il pene a forma di piramide, e se sono mai stata l’unica passeggera del volo Lufthansa  per Francoforte.

Io rispondo che non è importante sapere la verità e che “ogni riferimento a scene, fatte e persone è verosimile e non necessariamente casuale”.

4 ) Chi secondo te dovrebbe leggerlo?

Io vorrei che lo leggessero tutti gli italiani che vengono qui in vacanza o a viverci, quelli che abitano qui, da poco o da tanto tempo, quelli che amano viaggiare, quelli che adorano le lingue straniere, perfino quelli che non amano leggere.

Mi è stato detto dai lettori che “Da un capo all’altro” è un libro scorrevole che si legge facilmente e mette di buon umore.  Io lo vedo un po’ come una guida turistica nascosta in un romanzo: informativo ma romantico.

5 ) Anche tu come molti italiani hai deciso di trasferirti a Cape Town , quali sono i vantaggi e gli svantaggi di vivere qui?

Sono cosi tanti anni che vivo qui e tanti altri che vivo all’estero che faccio un po’ fatica a vedere la vita in termini di vantaggi e svantaggi. Ho sempre accettato  tutti i mondi nei quali sono entrata.

Se devo trovare uno svantaggio qui è la mancanza di sicurezza e il crimine. Bisogna stare attenti  a muoversi ma sono sicura che anche certe zone di Milano e a Roma sono più pericolose di altre.

Il vantaggio più bello secondo me è che la burocrazia qui è meno pedante che in Italia. Si possono aprire attività più facilmente che in Italia e le tasse sono più basse.

6)  Raccontaci quali sono i  luoghi che ami di più a Cape Town?

Adoro i mercati locali,  quello del Biscuit Mill a Salt River o quello di Hout Bay.

Mi piace la montagna Lion’s Head,  per la sua forma elegante e la sua energia.

Mi diverto a camminare per Kloof Street,  soprattutto nei negozietti di antichità e di seconda mano.

Mi piace la West Coast per la varietà della natura e i suoi spazi aperti, ed in particolare il paesino di Paternoster che sembra uscito da una fiaba.

7 ) Se dovessi consigliare dei ristoranti al lettore di MyCapeTown dove li manderesti?

Cercherei di non mandarli subito nei ristoranti italiani.

Mi piace Lefty’s per le ribs (le costolette di maiale) e lo spirito rilassato (un cameriere mi ha detto una volta: “ These ribs are fucking amazing!”)

Consiglio Kloof Street House per l’arredamento molto funky ( il bancone del bar è fatto di tante valige. Geniale!)

Per dei burgers seri, li manderei da Royale Eatery, a Long Street così ci si perde anche in una  atmosfera vintage che ferma il tempo.

8) So  che hai una scuola di lingue e molti italiani vengono ad imparare l’inglese da te?  Quali sono gli errori tipici ? Ci puoi fare qualche esempio divertente?

Innanzitutto ci tengo a dire che quando insegno inglese agli italiani, mi sento un po’ come un chirurgo. Spesso devo risistemare gli organi vitali ma a volte mi viene chiesto un face lift giusto per un colloquio di lavoro o un appuntamento galante.  Ma gli errori non cambiano mai. Sono sempre gli stessi.

Come gli italiani dicono NO è meraviglioso. Spaventano anche i bambini.

La pronuncia sbagliata di “Management” e “Development” mi diverte.

A livello di verbi, l’idea di mettere il presente dappertutto (come d’altronde si fa in italiano)

I pay now, I call you tomorrow, we go now, you have time? mi fa sudare.

Mi chiedo perché in Italia non si insegni prima il “Present Continuous”( I am going tomorrow) del “Simple Present” (I go). Tutto sarebbe più facile perfino prendere gli appuntamenti.

9)  Quale è  il libro  che si avvicina di  più al tuo modo di scrivere?

Mi è stato regalato un libro scritto da un sudafricano che debbo dire rispecchia molto il mio stile. Racconta, descrive, informa ma sempre con umorismo e senza prendere parte. Trovare il compromesso tra culture è sempre molto difficile.  Il libro si intitola “The racist guide to the people of South Africa”. L’autore è Simon Kipatrick. Consigliatissimo!

10)  Dove si può  comprare il tuo libro?

Chi abita in Italia lo può comprare su Amazon in forma cartacea o su Kindle al seguente link

 

Chi è già qui a Cape Town, direttamente da me. Ho pubblicato un paio di centinaia di copie dato che la consegna in Sudafrica da Amazon è carissima.  Il libro costa 200 Rand ed include una dedica J . Mi ci si può contattare via email all’indirizzo [email protected]

11) Ti possiamo gentilmente chiedere di “regalare” ai nostri lettori un pezzo del tuo romanzo così possono conoscere il tuo stile e un po’ di più questo Paese ?

Volentierissimo! Dato che l’intero libro è ambientato in settembre, vi presento l’inizio del capitolo 4 dove racconto della natura e dei fiori. Magari vi viene voglia di fare le valigie e partire subito

 

Da quando è iniziato settembre è cominciata anche la primavera sudafricana, che appare timida, come se non volesse disturbare troppo. Sparge qualche fiore qua e là, per poi farsi sentire più presente alla fine del mese, quando rovescerà nelle distese di campi un tappeto di colori che farebbe risuscitare tutti gli Impressionisti francesi. Ogni spazio aperto attorno alla città si risveglia e piano piano ci troviamo circondati da regni floreali: il giardino botanico di Kirstenbosch è solo uno dei tanti, sparsi per il Paese, che offrono un arcobaleno naturale. È famoso per ospitare più di 4000 specie di piante indigene provenienti da tutto il Sudafrica e si diverte a fare il pavone già da metà agosto. Si dà le arie perché sa di esibire una flora e una fauna che la maggior parte di noi non ha mai visto in tutta la vita e forse nemmeno sapeva che esistessero. In questo paradiso naturale, le margherite sudafricane danzano sbarazzine e seguono il sole con i visi iridescenti, spiando le violette e i gigli altrettanto espressivi.

Al di fuori dei giardini botanici, il tipo di flora predominante nella zona del Capo è costituito dal Fynbos con i suoi Silver Trees, chiamati così per le foglie di color argento, e tutta la famiglia delle protee che, stanca della reclusione invernale, esce giocherellando, colorata più che mai. Il profumo del Fynbos è qualcosa che non si dimentica più una volta annusato e fa parte del ricordo di ogni camminata in montagna.

La protea è considerata la Regina dei Fynbos e rappresenta il fiore nazionale sudafricano. Come gli americani del mio albergo le abbiano scambiate per dei grandi carciofi rimane tutt’ora un mistero. Non li contraddico mai gli ospiti, ma quella volta sì. Ho dovuto fare una piccola lezione di Botanica per assicurarmi che non le mangiassero per cena. In realtà le volevo salvare da quelle bocche fameliche perché sono i miei fiori preferiti in assoluto. Mi piacciono perché sono grandi, colorate, compatte e diverse, come una famiglia variegata che va d’accordo lo stesso. Alcune protee al tatto sono morbide come velluto, altre fanno il solletico e poi ci sono quelle che sembrano delle tarantole colorate. Per la loro forma paffutella mi ricordano un po’ i crisantemi italiani, che amavo così tanto quando ero piccola ma che non avevo il permesso di tenere in camera, su un vaso importante, mentre studiavo. «I crisantemi sono solo per i morti, Atena» mi spiegava la mamma.

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